Comitato Interprovinciale Marce Sportive (C.I.M.S.)

 
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1 Novembre 2010
 
Dopo un decennio..... un ricordo inedito
Per far piacere ai compagni di avventura e ricordare chi non c'è più.
di Maria Luisa Tognelli

Tra i sogni nel cassetto di noi marciatori c'è quasi sempre la Maratona di New York e, per alcuni di noi, questo sogno sta per avverarsi. Giovedì 2 novembre 2000: sono le 9 del mattino ed ecco che arriviamo un po' alla spicciolata all'Aeroporto di Pisa; i nostri volti rivelano tensione, contentezza, speranza, apprensione, sentimenti contrastanti, ma del tutto normali, umani in circostanze del genere. Dopo aver consegnato i bagagli ci resta un po' di tempo prima dell'imbarco ed ognuno di noi lo impiega secondo le proprie esigenze: chi compra i giornali, chi le tessere telefoniche, chi s'impegna distrattamente con la Settimana Enigmistica, chi s'intrattiene a parlar con gli amici.

Il viaggio da Pisa a Roma è veloce e presto ci troviamo sull'aereo dell'Alitalia che ci porterà a New York: ognuno occupa il proprio posto e via in alto nel cielo; la navigazione è tranquilla ed il personale a bordo cerca di distrarci distribuendo giornali, offrendoci bibite e spuntini vari. Ma le ore di volo sono tante e solo alle 17,45 ora locale, un meraviglioso tramonto ci accoglie, la palla infuocata del sole sta immergendosi nella baia. Dopo aver espletato le operazioni di sbarco, all'uscita dell'Aeroporto Kennedy ci attende il pullman di Terramia con la guida che ci accompagnerà al Park Central Hotel.
Sono ormai calate le ombre della sera e la città della Grande Mela si mostra ai nostri occhi in tutto il suo sfavillìo multicolore di luci e d'insegne luminose dalle grandi dimensioni. Durante il trasferimento in albergo ognuno di noi tace, forse un po' commosso e guarda fuori mentre ascolta la guida che racconta molte cose interessanti sulla vita quotidiana dei newyorkesi. All'improvviso ci siamo trovati in una realtà completamente diversa dalla nostra tant'è vero che quasi ci dimentichiamo dell'"avventura" per la quale abbiamo affrontato il viaggio.
Dopo l'assegnazione delle camere depositiamo i bagagli e, accettato il consiglio della guida, abbastanza euforici usciamo per un primo approccio con la megalopoli.
Il giorno seguente effettuiamo il tour di Manhattan, il cuore di Nuova York: attraversato Columbus Circle, percorriamo un tratto di Broadway per ammirare il Lincoln Center; costeggiamo poi il lato ovest di Central Park per ammirare da una parte la varietà arborea del parco e dall'altra gli edifici dell'Historical Society e del Museo di Storia Naturale. Attraversato il Parco imbocchiamo la Quinta Avenue e passiamo in rapida rassegna, tra gli altri edifici, il Museo Guggenheim, la Frick Collection e due dei più lussuosi alberghi di New York: l'Hotel Pierre ed il Plaza. Proseguendo verso sud ammiriamo la neo gotica cattedrale cattolica di Saint Patrick e, nelle vicinanze, il "fiorito" ed animato Rockefeller Center; ancor più a sud troviamo i pittoreschi e vivaci centri di Little Italy e Chinatown, per giungere poi nel cuore della finanza mondiale: Wall Street con le sue banche ed anche il suo folkloristico portafortuna, l'enorme e lucente toro.

Infine una boccata d'aria di mare: Battery Park con la veduta di Liberty Island ed Ellis Island a sud e delle svettanti Twin Towers a nord.
Risaliamo poi per la West Street, lungo l'Hudson dalle vecchie banchine abbandonate. Al Pier 94 ci attende un brusco richiamo al nostro impegno podistico: il Marathon Expo: è qui che ci rechiamo a ritirare i pettorali ed è qui che veniamo a diretto contatto con tanta umanità, varia e diversa, sia per lingua che per caratteristiche somatiche; ed è qui che comprendiamo ancor di più come New York, col tempo, sia riuscita ad accogliere etnie e culture diverse avvicinandole e rispettandone al contempo le caratteristiche con grande senso della libertà. Anche noi assaporiamo e respiriamo quest'aria e tuttavia, forse talvolta un po' intimoriti, ci rincuoriamo ogni volta che c'incontriamo tra di noi (siamo riconoscibili dai giacconi "Terramia") quasi a schermarci per tornare alle nostre dimensioni.
Sabato 4 novembre ci attende la Marcia dell'Amicizia ("Friendship Run") con partenza dal palazzo dell'ONU ed arrivo al Central Park. E' una grande emozione quella che si prova davanti allo sventolio di tante bandiere ed un'emozione ancor più grande trovarsi tra migliaia di persone accomunate da un'unica passione: correre insieme in amicizia. E' il grande miracolo dello Sport, ed è un primo assaggio di quello che la maratona ci farà provare. Nel pomeriggio appuntamento per tutti al Park Central Hotel per la conferenza pre-gara con gli esperti, Pizzolato, Massini, con consigli utili ai maratoneti circa l'alimentazione, l'abbigliamento ed il comportamento in gara; poi, verso sera, tutti al festoso Pasta-Party.
Siamo ormai a domenica 5 novembre. Alle 7,15 saliamo sul pullman per recarci al luogo di partenza della Maratona. La giornata è variabile, il termometro è sceso di qualche grado ed il vento, specie nelle zone più aperte, è forte e gelido. La nostra squadra, composta da quindici podisti (Andrea Bargagna, Adolfo Biele, Eugenio Carmignani, Maria Luisa Cerri, Paolo Coen, Mauro Cresci, Gabriele Della Longa, Patrizio Del Corso, Luigi Facca, Paolo Gualtieri, Sebastiano Ottaviano, Carlo Palla, Renato Piscioneri, Massimo Tramonte e Pietro Valentino), in effetti è un po' sparpagliata, perché non tutti partiamo dalla stessa zona: chi parte dal settore blu, che da quello rosso, altri da quello verde. Arrivati nell'area della partenza, depositiamo i bagagli sui pullman corrispondenti al nostro colore ed alle prime lettere dei nostri cognomi per entrare poi nelle "gabbie" assegnateci in attesa della partenza: sono soltanto le 8,10, dovremo aspettare fino alle 10, 45. Per molti quest'attesa è deleteria perché logorante e poi fa molto freddo ed i muscoli potrebbero risentirne. Cerchiamo comunque d'ingannare il tempo come meglio possiamo, scambiando magari due parole con i nostri occasionali vicini, non importa che lingua essi parlino, è meraviglioso perché riusciamo a comunicare con tutti: questo è ancora un miracolo dello sport. Tra un sorso d'acqua e l'altro e scambiando due parole, il tempo per fortuna passa ed ecco che siamo lentamente incanalati verso la partenza. La calca è indescrivibile ed interminabile; provo ad immaginarmela dall'alto quella numerosissima variopinta massa umana, scalpitante, inquieta, protesa verso la meta, e sono momenti di grande tensione e commozione.

I palloncini multicolori danno l'idea della festa mentre gli elicotteri volano sopra le nostre teste e la grande gru della televisione ci fa capire che si avvicina il tanto atteso momento. Due colpi di cannone, ecco il via, ma ci muoviamo lentamente, tanto siamo stipati. Sul ponte il vento è forte e affrontiamo la prima salita; fa freddo ma il cuore è caldo. Dopo l'attraversamento del ponte abbiamo subito un'idea di quello che è il calore umano, l'entusiasmo, la festa, il coinvolgimento dei newyorkesi che non ci abbandoneranno più neppure per un metro: "Go...go...go!". Dal Ponte Da Verrazzano al Central Park due ali di folla festante con suoni, con canti, bibite e caramelle, urla d'incoraggiamento ci accompagneranno senza sosta per quarantadue chilometri e centonovantacinque metri; sarà uno sventolio di bandiere di ogni paese e un urlìo incoraggiante in molte lingue. E quanti tricolori! Però attenzione: la bandiera italiana e quella messicana sono simili e qualche volta siamo stati tratti in inganno, però, se questo è servito a darci la carica... viva il Messico e viva l'Italia! Del resto lo sport non crea barriere e non ha frontiere.
Riporto ora il tracciato della Maratona: partiti da Staten Island ed attraversato il Ponte Da Verrazzano, si percorre la zona costiera di Brooklin, si prosegue a nord per inoltrarci nel Queens dove, attraversato il Ponte di Queensboro sull'East River, si entra in Manhattan. Proseguendo a nord si tocca il Bronx per piegare poi a sud in direzione del Central Park di cui percorriamo il lato orientale e poi il più breve tratto meridionale per risalire a nord verso il traguardo. Tutti i partenti del nostro gruppo hanno concluso positivamente la gara; quindi complimenti a tutti ed un ringraziamento particolare ai nostri accompagnatori e a Sebastiano Ottaviano per l'impegno e per l'opera di collegamento tra tutti noi, Asti Viaggi e Terramia.
Finisce qui la nostra avventura; di New York ricorderemo non solo i grattacieli, la Statua della Libertà e l'ampia baia, ma anche il calore umano e l'aria di apertura e libertà che vi si respira.

 
GO NINO GO!
LA MARATONA DI NEW-YORK DEL 5.11.2000
di Nino Ottaviano

Non me la dimenticherò mai! E tutte quelle che farò di qui in avanti, non saranno per me, mai come quella del millennio a New York. Avevo sempre sentito parlare bene della maratona americana, ma esserci è tutto un'altra cosa, credetemi. Già al mattino abbiamo avuto una avvisaglia di ciò che stava per concretizzarsi. Una serie di pullman ha portato tutti i maratoneti attraverso Manhattan, New jersey, Staten Island fino a Fort Wadsworth.

Qui si è vista la vera efficienza dell'organizzazione americana. Da un lato, in leggera ascesa, su strade parallele, tutti i furgoni dell'U.P.S (United Parcel Service) in fila, numerati e con la lettera iniziale del nostro cognome, pronti a ricevere la sacca con gli indumenti asciutti che poi dovevamo ritirare all'arrivo.

Ho visto molti tendoni dove i maratoneti potevano rilassarsi, altri dove distribuivano generi alimentari in grande quantità: ciambelle americane, snack di diverso tipo, frutta di diverso tipo, bottiglie di acqua minerale ecc. ecc.- altri attrezzati per i massaggi, uno per infermeria con medici e infermieri, con vasellina, cerotti, colliri ecc., a disposizione di chiunque. Tendoni con dentro tubi di aria calda (qui ho trovato l'amico di sempre, Renato Piscioneri, praticamente abbracciato ad uno di questi tubi per mantenersi caldo). Per due ore siamo stati lì.

Dopo aver lasciato anche la nostra pipì, nelle tantissime toilette portatili (oltre 550) e l'orinatoio più lungo del mondo, ci siamo avviati verso l'area di raduno; dei gabbioni che altro non sono che dei pezzi di strada di 100 metri circa, tutti contrassegnati con mille numeri, fino a più di 40.000 e evidenziati anche da colori verde, rosso e bleu.

Questi gabbioni sono posti in prossimità della partenza, vicino al ponte di Verrazzano e in altre strade che confluiscono verso il ponte stesso.

Finalmente ci dicono di serrare le fila e subito ci troviamo attaccati gli uni agli altri, non è più possibile muoversi; si vedono volare, sopra le nostre teste, gli indumenti che vengono abbandonati: tantissimi e che fino a quel momento ci hanno protetti dal freddo.

All'improvviso, ma non tanto perché tutti l'ho stavano aspettando, il colpo di cannone, una vera liberazione, si comincia di passo lento a salire sul ponte, si corre sui panni di quelli che ci hanno preceduto. E' salita, le gomitate si sprecano, nessuno chiede scusa, siamo tutti concentrati nell'avventura appena iniziata.

Quando si comincia a scendere verso Brooklyn , si vede uno sventolio di tricolori, mi si apre il cuore, mi emoziono, mi prende un groppo alla gola. Man mano che mi avvicino, dal volto della gente, vedo che sono messicani, le tantissime bandiere sono del Mexico e le grida sono: "olè Mechico"! Non fa niente, mi è comunque servito per andare avanti e non pensare alla fatica, ai chilometri da percorrere. Poi ho saputo che Brooklyn non è più italiana, i nostri connazionali si sono trasferiti nel New Jersey.

La strada è sempre larghissima e dritta, si arriva nel Queens, aumenta la popolazione nera ai bordi della strada, i cartelloni di incitamento sono tantissimi, variopinti, di forme diverse ma con una sola scritta: go Arthur go! - go Sarah go!- go Johnny go! Micky N° 1 for me! - Solo 3 fra i maratoneti che mi sorpassano mi dicono: GO NINO GO, leggendo la scritta sulla mia schiena; poi mi accorgo che anche loro c'è l'hanno e faccio altrettanto.

Finalmente una bandiera italiana, riecco l'emozione, mi fermo, sono tanti e parlano la mia lingua, accetto l'incitamento, bacio la bandiera e riparto, mi sento meglio.

Inaspettatamente arriva una salita, è quella del Queensboro Bridge, non finisce mai, molti si fermano per fare stretcking, altri camminano, ne supero tantissimi; ma allora sono partito proprio ultimo! Il pettorale è 20563 red. Siamo in discesa, finalmente posso allungare la falcata e scaricare un poco di tensione. Attraversiamo l'heast river mentre scendiamo verso Manhattan. Mi sposto tutto sulla sinistra per incontrarmi con i miei familiari; mi sento chiamare, è mia moglie con gli amici, un saluto, qualche foto, ancora incitamenti e via sulla First Avenue che dritta dritta ma ondulata ci porta fino al Bronx e poi ad Harlem. Qui la popolazione è tutta negra, ma più calorosa, ogni 300/400 metri una orchestrina suona ed altri ballano e a ritmo di musica ci incitano (questa gente la musica c'è l'ha nel DNA).

Siamo al 30° km, la fatica è tanta, molti camminano. Il GIVE ME FIVE! non termina mai, tutti quei bambini che tendono la mano, come sono contenti quando batti cinque, si rivolgono agli altri come per dire 280, ne ho toccate 280 e via. Poi c'è chi ti offre caramelle, chi carta per asciugarti, chi vasellina e poi banane e spicchi di limone e arance.

Mi sono fermato a tutti i rifornimenti, ho sempre bevuto, e quando è stato possibile ho anche mangiucchiato due barrette che mi hanno offerto per strada, proprio come mi avevano detto i miei amici Brogni, Boschi e Tolaini che c'erano già stati; mi sono trovato proprio bene e ora in CENTRAL PARK, mi sento che le gambe vanno, sono belle sciolte, aumento un poco l'andatura, supero tanta gente, ecco l'arrivo, sono contentissimo e meno stanco di altre volte, vorrei abbracciare tutti, ma non si può, ci incanalano per staccarci il chip, ci coprono col nylon, ecco i camion dell'UPS, l'avventura è finita. Arrivederci New York, non so se potrò tornare, ci spero però.! E soprattutto: GO....NINO....GO !