Ciao Vittorio, piccolo grande marciatore
di Massimo Masiero
Quando iniziavi a camminare, ma è più esatto dire marciare, con lui era come fare un viaggio intorno e attraverso il mondo. Perché
Vittorio per tutti noi, il Comandante per tanti altri che lo hanno conosciuto fuori dai percorsi collinari e pianeggianti delle Tre
Province, era una miniera di ricordi e di esperienze vissute, che a lui piaceva rievocare. E raccontava dei suoi viaggi sulle rotte
oceaniche a bordo delle navi da trecentomila tonnellate delle compagnie petrolifere, degli attracchi in banchine di scali remoti,
degli arrivi e delle partenze in località lontane, dalla Turchia all’Egitto, dagli Stati Uniti al Brasile, dal Giappone all’India,
attraverso il Golfo di Aden e il canale di Suez, dei traffici nei porti d’Estremo Oriente, con equipaggi filippini e cinesi,
cambogiani e vietnamiti, di cui conosceva praticamente tutto: il loro lavoro, i loro caratteri, i comportamenti. Vittorio Perugini,
capitano di macchine, nato ad Ancona, si era trasferito a Livorno sin da giovanissimo, dove, dopo gli studi nautici, aveva frequentato
l’Accademia Navale, e si era imbarcato come ufficiale nelle navi mercantili. Socio da tanti anni della Podistica Quattro Mori
prima e poi della Aig4Mori, Vittorio ci ha lasciato, dopo una crudele malattia, da pochi giorni, alla soglia degli ottantuno anni,
ben vissuti, con tanta esperienza alle spalle e con tanto rammarico in tutti coloro che gli sono stati vicino negli anni e fino agli
ultimi mesi e settimane. Una terribile estate per la moglie Adua, i figli Paolo e Cinzia e i nipoti, tre femmine e un maschio. Vittorio
non era mai banale, ma preciso e puntuale nelle osservazioni, che provenivano dal suo rispetto per le regole e per la civile convivenza.
Parlava correttamente l’inglese e il francese, un po’ meno, diceva lui, lo spagnolo, sempre alla ricerca del contatto umano, pronto a
indicare e approfondire. Era uno sportivo e lo era stato da sempre. Era stato con Pino Dordoni, mitico olimpionico dei cinquanta
chilometri di marcia, quando da giovane aveva calcato la pista di atletica leggera a Genova, dove aveva vissuto per alcuni anni.
Si era “allenato”, o più esattamente aveva frequentato la stessa pista. A me piaceva far raccontare di quel periodo giovanile. Di
quando correva dietro, arrancando, al grande olimpionico, cercando di apprendere la tecnica della marcia, lui piccolino e basso di
statura, e l’altro, che andava avanti a larghe falcate. Imparò, e al meglio, perché quella tecnica, me la spiegò perfettamente
con l’esempio, quando io all’inizio della mia avventura di camminatore della domenica, cercai di fare tesoro, e del mio meglio,
del suo insegnamento. Adesso che Vittorio non c’è più ci mancheranno la sua presenza e anche le sue battute all’approssimarsi ai
ristori sui percorsi (“Stamani, pollo arrosto o bistecca?”), esternazioni semplici, che esprimevano appieno il suo buonumore, la
sua passione vera per la marcia a terra, dopo averla praticata sulla tolda delle petroliere, che lo tenevano lontano da casa e dalla
famiglia per mesi interi, dove Adua lo raggiungeva in aereo in porti lontani per stare insieme a lui per brevi periodi. Adesso, come
ha detto un amico, Vittorio continuerà a camminare lassù e ci accompagnerà ancora sui percorsi delle “Tre Province”.
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