Lo confesso: sono razzista
di Carlo Fagiolini
Ho avuto due incontri con due amatori del podismo, e della corsa, che mi hanno fatto capire
la mia alta dose di intolleranza verso il "diverso".
Un podista di cui non faccio il nome in osservanza della privacy, dico solo che fa parte di
una squadra della provincia di Lucca ed abita in Garfagnana, mi cercò all'arrivo di una delle
recenti marce domenicali per iscrivere la sua compagna al Trofeo delle 3 Province.
La sua compagna si chiama Amaltea e mi ha assicurato che è molto abile nelle corse,
specie sui percorsi acciottolati delle discese scoscese o delle ripide salite.
Gli ho detto che non me la sentivo di farla iscrivere al trofeo, perché in pianura va, si,
ma al guinzaglio. E' una capretta.
Mi sono sforzato di fargli capire che il problema non sorge alla domenica, anche se puzza,
o quando c'è la premiazione annuale, ma quando deve votare per il rinnovo del Comitato, ogni tre anni.
Eppoi non è giusto far pagare il cartellino a questo particolare podista quando, per la sua
conformazione biologica, non ha la speranza matematica di poter raggiungere il premio
della medaglia del 30° anno di Trofeo.
Il podista di Lucca mi ha detto stizzito che, stando così le cose, sono un razzista.
Ero giorni fa alla Maratona di Livorno, spettatore, come ex maratoneta. Sono capitato a fianco
di un atleta di pelle nera, con un fisico tirato, gambe lunghe e muscolose.
Mi ha confessato che era lì più per guadagnare qualcosa che per il gusto di correre.
Quando arrivò in Italia, disoccupato e clandestino, uno dei primi giorni andò al cinodromo e
si mise alla partenza della corsa, a fianco dei levrieri, nell'intento di arrivare al traguardo
prima di loro.
Non per la medaglia o la coppa, ma, affamato com'era, per addentare quel pezzo di bistecca
che scappa a distanza ravvicinata e costante davanti ai concorrenti, per esortarli ad andare più forte.
Quel povero immigrato lo cacciarono dalla competizione con la scusa che poteva distrarre
gli altri concorrenti levrieri. "Era ovvio" ho commentato. "Razzista", mi ha replicato l'immigrato negro.
In effetti ci sono dei casi in cui nelle competizioni sportive l'animale è addirittura privilegiato
rispetto all'homo sapiens.
Succede alle corse podistiche delle "3 Province di Calcutta". La domenica vanno avanti prima le vacche
(si sa, in India sono sacre) e poi gli uomini senza alcuna discriminante religiosa, siano cristiani,
induisti o musulmani. Però anche lì, cominciamo ad esserci dei problemini. Qualche indiano, più
all'avanguardia, voleva far correre al suo fianco il proprio caro ed inseparabile elefante.
Ma quando si sono accorti che così si sarebbero intralciati non solo i percorsi, ma ancora di più i
ristori, hanno deciso di rivedere la tutta la faccenda.
Nel Passato ci sono stati esempi di grande zoofili; Il cane Argo merita tutti gli onori della Storia,
dacchè fu l'unico a riconoscere Ulisse dopo 20 anni di assenza da Itaca. Ma non mi sembra condivisibile
la scelta dell'Imperatore Romano Caligola di nominate Senatore il suo cavallo.
In altri termini ognuno faccia il suo mestiere, l'uomo faccia, fin tanto che gli riesce, l'homo sapiens,
e gli animali facciamo il lavoro degli animali.
Io non sono l'unico "razzista" al mondo. Secondo me il primo lo fu il Padreterno quando disse a Noè
di costruirsi l'arca e di portarci sopra una coppia di ciascuna specie di animale, perché di lì a
poco sarebbe venuto il diluvio universale. Quando cominciò a piovere, il primo a salire a bordo
fu proprio quell'egoista di Noè, e soltanto dopo fece salire gli animali, tutti gli animali,
cani, capre, vacche e cavalli compresi.
Più di una volta si è sentito dire "al mio Fido? manca solo la parola!". Meno male. Perché se no, prima o poi,
Fido potrebbe essere proposto alla Presidenza del CIMS.
In conclusione, via... non faccio per vantarmi; è stata una bella cerimonia quella di sabato scorso 25 novembre
al My Hotels Galilei. Purtroppo, il Presidente, che aveva il compito di presentare la manifestazione,
era fioco. Gia, ma se abbaiava... non era peggio?